La rivoluzione verde finalmente è cominciata. Infatti, negli ultimi anni la sensibilità, da parte del pubblico generale, verso l’impatto ambientale che le nostre scelte sugli acquisti lasciano e verso l’aspetto ecosostenibile è aumentata a dismisura.  Le cause di questo fenomeno sono molteplici: nonostante ci siano state tantissime associazioni e volontari che hanno sposato la causa e hanno sensibilizzato il pubblico sull’argomento, ci sono stati anche altri eventi che ne hanno aumentato l’influenza. Infatti, il cambiamento climatico ci ha mostrato letteralmente il perché il mondo sostenibile è così importante e i motivi per cui bisogna abbracciare questo stile di vita.

Purtroppo, ci sono anche lati negativi che macchiano lo scopo nobile dell’ecosostenibile. Tantissime aziende e grandi corporazioni, infatti, cercano di sfruttare la nuova ondata di sensibilizzazione e si “tingono” di verde in modo da conquistare una più ampia fetta del pubblico. In particolare, molte aziende, soprattutto quelle di abbigliamento, cercano di ingannare il pubblico, per profitto aziendale, e fingono di avvicinarsi a una politica aziendale più ecosostenibile, anche se spesso, di ecosostenibile, hanno ben poco. Questa pratica si chiama ‘greenwashing’ e influenza tutto ciò che ci circonda.

‘Greenwashing’: definizione e impatto sociale

Greenwashing è un termine di origine inglese, che significa letteralmente ‘lavare di verde’. Esso riprende il termine inglese ‘whitewash’, ovvero ‘stendere la calce, imbiancare’ e, per estensione, ‘nascondere’ [1]. La parola viene utilizzata per indicare ‘ecologismo di facciata’ [2] o ‘ambientalismo di facciata’ [3] e indica quelle pratiche di marketing e comunicazione pubblica che vengono usate da grandi organizzazioni, aziende o simili per dare un’immagine falsamente positiva al pubblico, per quanto riguarda il grande mondo dell’ambientalismo. In realtà, questa tecnica viene utilizzata per distogliere l’attenzione del pubblico, convincerli a investire e comprare nelle loro aziende, quando in realtà vogliono distogliere la loro attenzione dagli effetti negativi che loro stessi provocano [4].

Il termine nasce per la prima volta dalle dichiarazioni dell’ambientalista americano Jay Westerveld nel 1986. Egli denunciò la campagna marketing di alcune catene di alberghi, che vollero intraprendere una campagna di sensibilizzazione sull’ambiente e sull’impatto del lavaggio della biancheria per poter convincere i propri ospiti a usare meno gli asciugamani. È inutile specificare come, in realtà, il loro scopo fosse semplicemente risparmiare, da un punto di vista economico, ma senza attirare l’astio dei loro clienti [5]. Da quel momento in poi, è stato sempre più semplice poter riconoscere le pratiche del greenwashing da parte delle aziende, ma allo stesso tempo, anche le aziende stesse sono diventate sempre più brave a nascondere i loro obiettivi e a crearsi una buona patina di perbenismo.

Il greenwashing nel mondo della moda: cosa avviene nelle grandi firme

Il greenwashing, specialmente nel mondo della moda, ci forza ad aprire gli occhi e renderci più consapevoli verso i prodotti che compriamo, ma soprattutto a dover fare attenzione verso ogni step della produzione, a partire dalla produzione del tessuto, passando per il disegno tecnico e la  manifattura, fino al processo di consegna, nel nostro negozio preferito oppure davanti alla nostra porta. Infatti, sono tantissimi i brand che cercano di creare una facciata di ambientalismo, creando delle campagne che possano rientrare negli standard dell’ecosostenibile. Il problema di fondo è che, nonostante questi ‘piccoli sforzi’, non fanno realmente proselitismo per il mondo ecosostenibile e, molto più importante, non rimediano ai propri errori, continuando a inquinare.

Tessile in una fabrica di produzione [F1]

Un esempio lampante di questo fenomeno sono i grandi brand, che provano a creare delle linee di abbigliamento utilizzando materiali, a loro discrezione, ecosostenibili. In realtà, se andiamo a leggere dettagliatamente le targhette di quei prodotti, le materie prime sostenibili sono presenti solo in piccola parte, oppure sono comunque prodotti con un grandissimo spreco di sostanze prime. Un esempio è il cotone biologico: è sì un materiale, cresciuto seguendo linee guida appartenenti al mondo ecosostenibile, ma, in questi casi, viene prodotto con un grandissimo spreco di acqua e terreno fertile, in quantità così elevate, da provocare un impatto considerevole sul pianeta. Per quanto possa sembrare strano, spesso alcune fibre sintetiche come il poliestere riciclato possono essere più efficienti, da un punto di vista idrico, rispetto al cotone! Certamente, comporta elevati sprechi e rischi per l’inquinamento, causato dalle microplastiche all’interno, ed ovviamente anche l’impatto poco salutare che ha a contatto con la nostra pelle.

Inoltre, questi brand continuano a portare avanti delle politiche economiche e di produzione estremamente inquinanti, il ché elimina i pochi sforzi che hanno fatto per seguire il mondo dell’ecosostenibilità. Ad esempio, tantissimi brand che vendono prodotti a prezzi bassissimi, producono nei paesi in via di sviluppo e quindi con le leggi ambientali non adeguate agli standard Europei, utilizzando macchinari e centri di produzione estremamente inquinanti, che rilasciano le sostanze tossiche nell'ambiente che li circonda. Un ulteriore elemento che spesso non viene considerato, è l’inquinamento che viene provocato dai mezzi di trasporto. Infatti, trasportare materiali e prodotti finiti da una parte all’altra del globo, per raggiungere il giusto centro di manifattura, per poi arrivare dritti alle case delle persone, in pochi giorni, comporta un grandissimo inquinamento, a cui non si può rimediare facilmente.

Confezionamento abbigliamento [F2]

La lotta contro il greenwashing: come funziona

Nonostante i tentativi delle grandi aziende diportare avanti le politiche del greenwashing, tutto questo non resta completamente impunito. Infatti, ci sono stati dei grossi passi avanti, da parte delle autorità e delle associazioni ambientali, per porre un fine aquesta pubblicità ingannevole. Diverse iniziative sono state applicate: una di quelle più importanti è ‘Make the Label Count, ovvero un’associazione in cui le organizzazioni da ogni parte del mondo si sono unite per poter porre alla Commissione Europea un intervento in merito alla situazione tessile. La richiesta più importante che vogliono portare avanti è quella di richiedere delle etichette, sui capi di abbigliamento, che possano avere più dettagli su informazioni sul processo, più trasparenti e accurate.

Un’altra associazione molto importante, che è stata nata proprio con questo scopo, è Fashion Revolution. Questo è un altro movimento molto importante che richiede sempre maggiore attenzione verso il processo di produzione dei capi d’abbigliamento. Uno dei loro strumenti più forti è l’elaborazione annuale di un report, il Fashion Transparency Index, con il quale cercano di far più luce e stendere su carta tutti i dati più importanti al riguardo.

L’impatto del greenwashing e della sua controparte ambientalista sta diventando sempre più forte e si impone sul pubblico, diventando argomento che passa da bocca in bocca. La sua influenza è diventata così grande, da avere un impatto anche sui brand di lusso. Ad esempio, i più grandi produttori del mondo dell’abbigliamento (fra cui anche il grande brand di lusso LVMH) in tutto il mondo, nel 2018,hanno firmato un documento importante: la Carta dell’Industria della Moda nelle Nazioni Unite. Il loro obiettivo è quello di diminuire l’impatto di questo settore sul nostro ambiente, eliminando almeno il 30% delle emissioni dei gas serra entro il 2030. Questo passo è estremamente importante, in quanto soltanto questo settore porta a creare almeno il 10% delle emissioni di gas serra mondiali, ogni anno [6].

Come possiamo ben notare, ci sono tantissimi problemi che bisogna ancora affrontare, quando si tratta di greenwashing, ma il grande passo è stato fatto. Infatti, a differenza dei tempi passati, qualcosa è effettivamente cambiato rispetto ai decenni precedenti: al giorno d’oggi, la gente comune sta cominciando a crearsi una propria conoscenza, riguardo questi ambienti. Grazie alla diffusione online di contenuti, da parte di piccoli testimoni come noi o grandi associazioni, come la, la gente sta man mano imparando cosa significa realmente parlare di ecosostenibilità e in cosa consiste. In particolare, sta cominciando a riconoscere gli sforzi fatti da piccole persone, come artigiani e piccoli sarti, che si impegnano per creare dei brand che siano più attenti verso queste grandi conseguenze.

Canapa come una valida soluzione al greenwashing

L’unico obiettivo che si può portare avanti, in questi casi, è quello di continuare la sensibilizzazione e l’alfabetizzazione delle persone verso gli argomenti dell’ecosostenibilità e dell’ambientalismo, così da non cadere vittima delle grandi corporazioni e dei loro schemi di marketing.

Ad esempio, è essenziale riconoscere e portare avanti delle decisioni più consapevoli. È infatti importante poter scegliere aziende o piccole realtà che utilizzino materie prime più ecosostenibili, contessuti come la canapa, in quanto essa realmente rappresenta il tessuto ideale per la vera rivoluzione del verde! Il tessuto di canapa, infatti, possiede tantissime caratteristiche ‘green’: richiede pochissima acqua e terreno fertile per la crescita, inoltre possiede anche tantissime proprietà pesticide naturali, perciò non dovrà essere contaminata da sostanze chimiche dannose! Inoltre, è un tessuto molto resistente e facile da lavare a temperature più basse (quindi anche con un notevole risparmio energetico) il che ti potrà donare dei magnifici abiti che, a differenza del fast fashion, potranno durare a lungo e, allo stesso tempo, aiutare il nostro ecosistema, durante la loro produzione.

La creazione di una voce nuova e unita, da parte dei consumatori, verso l’utilizzo di risorse e metodi sostenibili per le case di abbigliamento, può creare uno shift all’interno dell’economia. Infatti, come consumatori e, nel nostro piccolo, investitori, è necessario che noi sappiamo dove e come vengono impiegati i nostri soldi.

L’argomento può sembrare molto difficile e complesso, a causa delle sue implicazioni e numerose richieste, ma in realtà è molto più semplice: ci richiede semplicemente più attenzione, verso ciò che compriamo e sfruttiamo ogni giorno. Soltanto diventando più consapevoli verso quello che ci circonda, potremo fare delle scelte più sane verso il nostro pianeta e la nostra vita. Grazie a una maggiore consapevolezza, sarà più semplice poter fare i giusti passi verso il nostro pianeta e eliminare, o almeno diminuire nel nostro piccolo, danni così importanti come il greenwashing.

Referenze e approfondimenti: 

[1] http://blog.terminologiaetc.it/2013/01/30/significato-green-washing/

[2] https://www.toscanachiantiambiente.it/ecologisti-di-facciata-a-firenze-fridays-for-future-manifesta-alla-coop/

[3] https://www.agi.it/estero/von_der_leyen_clima-6653382/news/2019-11-30/

[4] https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/greenwashing/

[5] https://www.repubblica.it/green-and-blue/2022/02/12/news/greenwashing_come_e_nato_e_perche_e_difficile_difendersi-337330632/

[6] https://mam-e.it/il-greenwashing-della-moda-e-di-moda-perche-le-storie-sulla-sostenibilita-non-convincono/

[F1] Rolled Textile Lot in Shallow Photo, Pexels

[F2] Photo by Ivan Samkov from Pexels

© Riproduzione riservata